La pensione di reversibilità: un sostegno essenziale per i familiari superstiti. Come cambia questa misura di welfare italiano
La pensione di reversibilità rappresenta un fondamentale sostegno economico per i familiari superstiti di un pensionato o di un assicurato deceduto. In Italia, questo trattamento pensionistico viene erogato dall’INPS e le sue modalità di assegnazione sono disciplinate dalla legge, con l’obiettivo di adattarsi alle condizioni economiche dei beneficiari. Con l’avvicinarsi del 2025, emergono nuove linee guida e limiti di reddito che influenzeranno l’accesso a questo beneficio.
Con il 2025 all’orizzonte, queste modifiche evidenziano un impegno costante nel garantire che la pensione di reversibilità continui a offrire un sostegno adeguato ai superstiti, tenendo conto delle loro esigenze economiche e delle dinamiche familiari. Resta essenziale per i potenziali beneficiari tenersi informati sui cambiamenti normativi e sui limiti di reddito, per poter pianificare adeguatamente il futuro finanziario e assicurarsi di ricevere il massimo supporto possibile.
Le percentuali di reversibilità e i limiti di reddito per il 2025
La normativa sulla pensione di reversibilità, come delineata dalla Riforma Dini del 1995, stabilisce che l’importo percepito dai superstiti sia basato sulla loro situazione economica e sul rapporto di parentela con il defunto. Per il coniuge superstite, la percentuale di reversibilità rimane al 60% della pensione goduta dal defunto. I figli unici superstiti, che siano minori, studenti o inabili, ricevono il 70%, mentre in presenza di due figli (o nipoti) e in assenza di coniuge, la percentuale sale all’80%. Quando ci sono tre o più figli (o nipoti) senza coniuge, la pensione di reversibilità raggiunge il 100%.
Queste percentuali restano invariate per il 2025, ma è fondamentale comprendere come i limiti di reddito personali possano influire sul beneficio totale. Per l’anno 2025, i nuovi limiti di reddito prevedono che non ci siano tagli alla reversibilità per redditi fino a 23.579,22 euro. Per chi supera questa soglia, ma non oltre i 31.438,96 euro, sarà applicato un taglio del 25%. I redditi che si collocano tra 31.438,96 e 39.298,70 euro subiranno una decurtazione del 40%, mentre per quelli superiori a 39.298,70 euro, il taglio sarà del 50%.
Questi cambiamenti si inseriscono in un contesto di aggiornamento continuo delle soglie reddituali, legate al trattamento minimo pensionistico, che viene rivalutato annualmente in base all’inflazione. Nel 2024, ad esempio, si è registrato un aumento del 5,4%, con il trattamento minimo salito a 598,61 euro. Per il 2025, le previsioni indicano una prosecuzione di questo trend di adeguamento, mirato a mantenere il potere d’acquisto dei pensionati in un contesto economico in evoluzione.
Oltre alle percentuali per coniugi e figli, la pensione di reversibilità può essere destinata anche a fratelli e sorelle del defunto, ma solo in assenza di coniuge, figli e genitori, e se soddisfano specifiche condizioni: devono essere celibi o nubili, inabili al lavoro, non titolari di pensione diretta e a carico del defunto. In tali casi, le percentuali di reversibilità partono dal 15% per un fratello o sorella, aumentando fino al 100% per sette fratelli o sorelle. Tuttavia, la possibilità che fratelli e sorelle ricevano il 100% è piuttosto rara, data la complessità delle condizioni necessarie.
La Corte costituzionale ha giocato un ruolo chiave nell’ampliamento della tutela offerta dalla pensione di reversibilità. Ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di norme che escludevano certi beneficiari, come i nipoti maggiorenni orfani e inabili al lavoro che vivevano a carico del pensionato defunto. Inoltre, la Corte ha stabilito che la pensione di reversibilità non può essere ridotta in modo da superare l’ammontare dei redditi aggiuntivi del beneficiario, garantendo così una maggiore equità nel trattamento economico.