Dal Governo un bonus da 700 euro alle donne. Un bonus che ripristina un po’ di equità di genere. Ecco cosa sapere
Il tema dell’indipendenza economica delle donne è da tempo al centro del dibattito politico italiano. Recentemente, il Premier Giorgia Meloni ha presentato una proposta significativa per affrontare questa questione. In un’intervista rilasciata a Donna Moderna, Meloni ha annunciato un cambiamento nel sistema delle detrazioni fiscali, mirato a garantire alle donne non lavoratrici un sostegno economico diretto.
La proposta prevede che le detrazioni per il coniuge a carico, attualmente riconosciute esclusivamente al marito lavoratore, possano essere erogate direttamente alla moglie o partner fiscalmente a carico. Questa iniziativa non è solo un passo verso il riconoscimento dell’autonomia economica femminile, ma rappresenta anche un tentativo di rispondere a una necessità sociale sempre più urgente.
Bonus da 700 euro per le donne
Ma cosa sono esattamente le detrazioni per il coniuge a carico? Queste detrazioni spettano al coniuge lavoratore se l’altro coniuge è considerato fiscalmente a carico, ovvero se il suo reddito complessivo annuo non supera i 2.840,51 euro. Attualmente, l’importo delle detrazioni varia in base al reddito complessivo del lavoratore: si va da 800 euro per redditi fino a 15.000 euro, a circa 700 euro per redditi fino a 40.000 euro, con una progressiva riduzione fino ad azzerarsi oltre gli 80.000 euro di reddito. Tuttavia, queste detrazioni vengono accreditate nella busta paga del coniuge lavoratore, senza un beneficio diretto per la persona a carico.
Secondo Meloni, il cambiamento proposto potrebbe rappresentare una svolta importante. Trasferire questi importi direttamente al coniuge a carico, che nella maggior parte dei casi è una donna, potrebbe contribuire a rafforzare la sua autonomia economica e a favorire l’indipendenza. L’idea di un bonus diretto di circa 700 euro annui per le donne non lavoratrici è stata tra le più discusse. Questa misura, se attuata, potrebbe aiutare a colmare il divario di genere in termini di accesso alle risorse economiche.
Per quanto riguarda le modalità di erogazione, diverse opzioni sono state avanzate. Una possibilità è il bonus diretto, che si tradurrebbe in un trasferimento unico annuale. Un’altra opzione potrebbe essere il pagamento tramite modello 730, consentendo così alle donne di ricevere direttamente il beneficio durante la dichiarazione dei redditi. Tuttavia, una modalità più complessa sarebbe quella del prelievo diretto dalla busta paga del lavoratore, che potrebbe comportare problematiche tecniche, in particolare per quei lavoratori con redditi incapienti.
Nonostante le buone intenzioni, la proposta non è esente da critiche e sfide. Sul piano tecnico, una delle principali difficoltà riguarda il recupero dei fondi da soggetti incapienti. Poiché la detrazione è esente da IRPEF, ciò potrebbe complicare il meccanismo di conguaglio fiscale, rendendo difficile l’implementazione della misura. Inoltre, ci sono preoccupazioni espresse dalle associazioni di categoria, che temono che un’implementazione di questo tipo possa comportare un aumento dei costi per le aziende, aggravando ulteriormente la situazione economica in un periodo già difficile.
Le critiche non si fermano qui. Alcuni osservatori mettono in guardia dal rischio che la proposta possa essere vista come paternalistica. Si teme che l’assegnazione di un bonus alle donne possa non affrontare il problema strutturale dell’occupazione femminile in Italia. In effetti, il nostro Paese ha storicamente registrato bassi tassi di occupazione femminile rispetto ad altri Stati europei, e molte donne continuano a trovarsi in posizioni di vulnerabilità economica. È quindi fondamentale che le politiche non si limitino a misure sporadiche, ma che puntino a creare un contesto favorevole all’occupazione femminile e alla parità di genere.
Un parallelo interessante può essere tracciato con una misura simile introdotta nel 2005 dal governo di centro-destra, che consentiva alle donne separate e affidatarie di figli di richiedere assegni familiari spettanti al marito. Anche in quel caso, la norma sollevò polemiche, soprattutto per i costi aggiuntivi che avrebbe comportato per le imprese. Questo esempio storico mette in evidenza le difficoltà che il governo potrebbe affrontare nell’attuare la proposta attuale e sottolinea l’importanza di un approccio più globale e strutturato per migliorare la condizione economica delle donne.